| ove e è la dilatazione lineare, a è il coefficiente di dilatazione termica e DT è l’aumento di temperatura subìto. Nel successivo raffreddamento, il comportamento varierà a seconda che si sia raggiunto o meno il limite di snervamento. Se la deformazione è stata contenuta nel solo campo elastico (punto P di figura 28), non si avranno tensioni residue, in quanto la tensione si annulla con la deformazione.
immagini saldaturaimmagini saldatura
Fig. 28 Deformazione solo elastica Fig. 29 Deformazione elasto-plastica
Se invece la deformazione è stata anche plastica (e ciò succede facilmente in quanto la tensione limite di snervamento si abbassa notevolmente alle temperature raggiunte) col raffreddamento si ingenera uno stato di tensione positivo che permane nel pezzo. Con riferimento alla figura 29, sia P il punto rappresentativo della deformazione elasto-plastica subita dall’elemento della barretta. Dovrà essere:
es + ep + a DT = 0. (6)
ove es rappresenta la deformazione limite di snervamento a compressione, relativa alla temperatura del materiale in quel punto ed ep la componente plastica, che quindi vale:
ep = -(es + a DT). (7)
Quando DT si annulla, la componente es viene recuperata, mentre rimane quella plastica. Nell'ipotesi che i vincoli siano rigidi, la deformazione finale deve però essere nulla, per cui insorge una tensione positiva, tale da imporre una dilatazione contraria a ep:
immagini saldatura (8)
come indicato dal punto Q. Dal momento che il materiale è ormai freddo, la tensione di snervamento è tornata ai valori normali e la nuova dilatazione avviene in campo elastico. Il valore della tensione residua vale quindi:
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All'aumentare della temperatura subìta il valore della tensione residua diventa più alto, in quanto si verificano valori maggiori in modulo di ep. La tensione residua descritta è quella trasversale al giunto. Il ritiro longitudinale che subisce il cordone tende a tirare i pezzi saldati, come schematizzato nella figura 30 che si riferisce ad un giunto di testa. immagini saldatura Fig. 30 Deformazione dovuta alle tensioni residue longitudinali
Le tensioni residue longitudinali che si generano nel pezzo sono di trazione nel cordone e nelle zone adiacenti, fortemente scaldate, mentre sono di compressione nelle fasce più distanti dal giunto. Il loro andamento, illustrato in figura 31, risulta uguale per ogni sezione trasversale. A causa del diverso orientamento rispetto alla distribuzione delle temperature, le tensioni longitudinali sono di norma più elevate di quelle trasversali. L'eliminazione delle tensioni residue, o almeno la loro attenuazione, si può conseguire sottoponendo i pezzi saldati a trattamenti termici di distensione. Si prescrivono in generale temperature comprese nell'intervallo di 600 – 650 °C avendo cura che i gradienti termici siano i più bassi possibili. Il principio su cui è basato il trattamento termico di distensione è l'abbassamento della tensione limite di snervamento che, alle temperature indicate, risulta intorno al 10% del valore a freddo. Ne consegue che le tensioni si rilassano per deformazione plastica fino al valore corrispondente alla tensione limite di snervamento a caldo. immagini saldatura
Fig. 31 Distribuzione delle tensioni residue longitudinali.
5. SALDATURE A RESISTENZA
I procedimenti di saldature a resistenza sono stati introdotti all'inizio del secolo e si sono successivamente affermati per la loro semplicità e rapidità esecutiva. Oggi sono destinati quasi esclusivamente all'unione di lamiere o di piccoli pezzi, effettuando giunti rispettivamente a sovrapposizione o di testa. La sorgente termica che li caratterizza è costituita dal calore che si sviluppa per il passaggio, attraverso i pezzi da unire, di una corrente elettrica di elevata intensità, applicata mediante due elettrodi. La saldature si produce tra le superfici affacciate, in corrispondenza degli elettrodi, sotto gli effetti concomitanti del calore e della pressione esercitata dagli elettrodi stessi
5.1 Procedimento La figura 32 mostra lo schema di principio del procedimento: due elettrodi contrapposti, di rame o sue leghe, comprimono le lamiere su aree ristrette, in modo da stabilire pressioni e densità di corrente elevate. immagini saldaturaimmagini saldatura
Fig. 32 Schema della saldatura a resistenza
Per la concentrazione del calore che si verifica al passaggio della corrente, si forma una goccia di metallo fuso, circondata dal metallo solido circostante, che una volta solidificata forma il punto di saldatura La pressione che viene applicata prima, durante e dopo il passaggio della corrente deve: stabilire decisi contatti localizzati tra le superfici in modo da evitare archi o scintille; stabilire i corretti valori delle resistenze durante il passaggio della corrente; effettuare un'azione di forgiatura nel giunto già formato.
La saldatura avviene senza metallo d'apporto e senza necessità di flussi protettivi, può essere applicata a lamiere di piccolo spessore (inferiore al millimetro) ed è di facile esecuzione. I principali procedimenti di saldatura a resistenza sono quelli a punti, a rulli e a rilievi.
5.2 La sorgente termica La quantità di calore che viene sviluppata in un conduttore di resistenza R percorso da una corrente I per un tempo t è data dalla legge di Joule:
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Nei procedimenti di saldatura in studio, la resistenza del circuito é molto bassa a causa della brevitá del percorso e della buona conducibilità dei metalli, di conseguenza per sviluppare in tempi adeguati la quantità di calore necessaria alla fusione della goccia, le intensità dì corrente debbono essere piuttosto elevate (da 1 a 100 kA). A parità di calore, l'intensità di corrente può essere scelta, entro certi limiti, in funzione del tempo. Va tuttavia tenuto presente che correnti troppo elevate e tempi troppo brevi provocano riscaldamenti anomali dei pezzi con formazione distribuzioni non uniformi delle temperature, fusioni eccessive e rapido deterioramento degli elettrodi. D'altra parte, se le correnti sono deboli e i tempi eccessivamente lunghi, il processo non è sufficientemente adiabatico e diventa difficile raggiungere le temperature richieste. Infatti non tutto il calore prodotto per l'effetto Joule è utilizzato per la formazione del giunto, ma una frazione notevole viene dissipata per conduzione nel metallo base e negli elettrodi che sono generalmente raffreddati per circolazione di acqua. La dissipazione è tanto più elevata quanto maggiore è il tempo di applicazione della corrente per cui a parità di Q, la legge di proporzionalità inversa tra il valore quadratico medio della corrente e t, come risulta dalla (10) per una resistenza costante deve essere opportunamente corretta. In una macchina per saldare a resistenza il generatore è costituito essenzialmente da un trasformatore il cui avvolgimento secondario forma con gli elettrodi e i pezzi da saldare un unico circuito, con resistenze che variano da punto a punto. L'intensità di corrente, determinata dalla resistenza totale, è costante lungo il circuito, quindi il calore sviluppato in ogni punto è proporzionale alla resistenza elettrica locale. Trattandosi comunque di un procedimento veloce, anche la distribuzione delle temperature segue quella delle resistenze. In figura 33 si riporta l'andamento tipico delle temperature negli elettrodi e nei pezzi durante la saldatura. Si individuano tre picchi in corrispondenza delle zone di contatto, di cui quello più elevato si verifica nell'interfaccia tra i pezzi, ove la resistenza elettrica di contatto raggiunge il valore più alto.
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Fig. 33 Distribuzione delle temperature
Gli altri due picchi si hanno nelle interfacce con gli elettrodi, ove la resistenza è ancora alta, ma inferiore a quella tra i pezzi, per la più alta conducibilità degli elettrodi e la migliore condizione di contatto che si verifica grazie alla minore durezza degli stessi. Inoltre in questi punti la temperatura può essere più bassa se viene effettuato il raffreddamento degli elettrodi, le resistenze di contatto sono influenzate dalla forza di compressione, risultando all'incirca inversamente proporzionale ad essa. Anche la rugosità e lo stato delle superfici giocano un ruolo importante. Infine hanno influenza il materiale di cui sono costituiti gli elettrodi e la dimensione della loro sezione di estremità. Ai fini della generazione e dissipazione del calore, i materiali degli elettrodi debbono essere ottimi conduttori elettrici e termici. Tuttavia questa esigenza contrasta con l'opportunità di avere buona resistenza meccanica e durezza superficiale per limitare fenomeni di ricalcamento e usura. Allo scopo si usa rame elettrolitico o leghe di rame al cromo o al cadmio o al berillio, che contemperano le diverse esigenze. Il raffreddamento per circolazione interna di acqua migliora la durata degli elettrodi e ne abbassa la resistenza elettrica. In quanto alla sezione di contatto, questa determina la grandezza della goccia di saldatura. Di norma spessori dei pezzi più grandi richiedono sezioni di elettrodi maggiori. A parità di forza applicata la resistenza di contatto è praticamente indipendente dalla sezione di contatto.
5.3 Ciclo di saldatura La riuscita di una saldatura a resistenza richiede che l’applicazione della forza e quella della corrente seguano un opportuno ciclo, schematizzato nella sua concezione di base in figura 34. Durante una prima fase si ha l'accostamento degli elettrodi e la applicazione della forza di compressione. immagini saldatura
Fig. 34 Ciclo di saldatura a resistanza Poi si ha la fase di saldatura vera e propria con l'applicazione della corrente. La densità della corrente j e la sua durata t, valutata in numero di periodi della tensione, debbono essere determinate in funzione degli spessori da saldare. Formule di tipo empirico, proposte per gli acciai dolci sono:
j = (180 + 500 e-s ) A/mm2 (11) t = 10×s periodi
ove s è lo spessore della lamiera in millimetri. I valori delle densità di corrente debbono aumentare al crescere della conducibilità elettrica e termica dei metalli da saldare. E' così impossibile effettuare saldature a resistenza tra pezzi di rame poiché la loro resistenza di contatto tende ad essere confrontabile con la resistenza totale del circuito. Terminato il passaggio della corrente, la forza viene mantenuta ancora per un tempo sufficiente a consentire il consolidamento e raffreddamento del giunto. Spesso il ciclo viene modificato per migliorare le caratteristiche, meccaniche della saldatura aggiungendo fasi di precompressione e di preriscaldo e fasi di tempra e rinvenimento. L'entità della pressione, oltre ad influenzare i valori delle resistenze di contatto, determina la forma della goccia e quindi del punto di saldatura. Se la pressione è troppo alta, inoltre, può verificarsi la penetrazione parziale degli elettrodi nei pezzi, se è troppo bassa non riesce a contrastare la pressione che si genera nella goccia fusa che cosi può spandersi tra le superfici affacciate.
5.4 Saldatura a punti Questo tipo di saldatura, che è il più diffuso tra i procedimenti a resistenza, è largamente usato per l'unione di lamiere di acciaio aventi spessori fino a tre millimetri circa. Il suo impiego consente di sostituire collegamenti meccanici puntuali, quali rivetti o viti, quando non sia richiesta la smontabilità dell'assemblaggio. Ciò rende il procedimento valido per realizzare scocche di autoveicoli, armadi metallici, e altri prodotti simili. I maggiori vantaggi della saldatura a punti consistono in: 1) una grande economicità del procedimento; 2) una buona adattabilità a processi automatici o semiautomatici, poiché la sua velocità di esecuzione è maggiore di quella della saldatura ad arco o della brasatura e richiede minore cura nell'esecuzione. Per contro esistono le seguenti limitazioni: 1) grande difficoltà di disassemblaggio dei pezzi saldati, in confronto alle unioni a freddo; 2) maggiore costo delle apparecchiatura, rispetto a quelle per la saldatura ad arco; 3) bassa resistenza a trazione ed a fatica a causa dell'effetto d'intaglio presente ai bordi della saldatura, tra le due lamiere; 4) limitato sfruttamento della resistenza meccanica delle lamiere, poiché i punti non interessano tutta la lunghezza del giunto, ma solo un numero discreto di piccole porzioni; inoltre le forze applicate risultano eccentriche a causa della sovrapposizione delle lamiere. 5) assenza di ermeticità del giunto.
5.5 Saldatura a rulli Questo tipo di saldatura deriva da quella a punti, ma consente di avere una unione continua e si rende principalmente utile per lamiere di serbatoi. Generalmente gli elettrodi sono costituiti da due rulli contrapposti che ruotano (fig. 35), mentre le lamiere vengono fatte avanzare. immagini saldatura
Fig. 35 Schema di saldatura a rulli
Per saldature longitudinali di tubi, gli elettrodi possono essere costituiti da un mandrino fisso e da un rullo rotante. I rulli possono essere sagomati circonferenzialmente in vari modi secondo le esigenze del giunto. I diametri e gli spessori sono largamente variabili. Il procedimento a rulli presenta pressappoco gli stessi vantaggi ed inconvenienti della saldatura a punti. Un vantaggio aggiuntivo è quello di poter produrre un cordone continuo e pertanto distribuire meglio le tensioni. Ciò migliora la resistenza a trazione del giunto.
Applicando la corrente con intermittenza si possono avere saldature a punti agli intervalli desidera ti. Nella saldatura continua la velocità di traslazione degli elettrodi determina il tempo di compressione e di riscaldamento.
5.6 Saldatura a rilievi Questo procedimento è usato oltre che per saldare lamiere, anche per unire un elemento stampato, forgiato, o lavorato alle macchine utensili, con un altro pezzo. Sulla superficie di uno dei pezzi vengono ricavati uno o più risalti che in fase di saldatura determinano la posizione e la dimensione dei punti. Al passaggio della corrente, la zona in rilievo ove il contatto è molto concentrato, si scalda e si plasticizza rapidamente, per cui sotto l'azione della forza si spiana, mentre si forma la goccia di saldatura. Questo sistema consente di realizzare l'unione simultanea in più punti delle parti da unire. Esso viene impiegato generalmente per spessori variabili tra 0,5 e 3 mm circa e per unire piccoli pezzi tra loro o ad elementi di maggior dimensione. La convenienza economica di questo procedimento deve essere valutata caso per caso, tenendo presente che i suoi principali vantaggi sono i seguenti: 1) la possibilità di realizzare contemporaneamente vari punti di saldatura con un'unica operazione; il numero di questi punti dipende dalla possibilità di applicare su ognuno di essi la giusta forza e di disporre della sufficiente potenza elettrica; 2) il rapporto tra gli spessori delle parti da unire può variare tra 1/6 ed 1, grazie alla flessibilità delle dimensioni e del posizionamento dei rilievi; 3) la saldatura può essere posizionata con maggiore accuratezza e i punti possono essere più piccoli, grazie all'uniformità della distribuzione ed alla costanza della loro forma e dimensione; 4) i segni sulle superfici che restano in vista possono essere minimizzati ricavando i rilievi sull'altra parte da unire; 5) gli elettrodi sono di dimensioni maggiori rispetto a quelli della saldatura a punti e pertanto essi sono soggetti ad una minore usura;
hanno meno influenza le inclusioni di materiali grassi e sporcizia sulle parti da unire, poiché il rilievo, per sua forma, tende a restarne esente.
Le più importanti limitazioni della saldatura per rilievi sono invece le seguenti: 1) la formazione dei rilievi richiede una operazione aggiuntiva sui pezzi da unire; 2) con molti punti di saldatura simultanei è necessario un attento controllo della altezza dei rilievi, del posizionamento e della forza degli elettrodi, al fine di avere un'intensità di corrente costante nei vari punti; 3) lo spessore delle lamiere metalliche da unire è limitato a valori che consentano la formazione dei rilievi e per i quali possano essere impiegate apparecchiatura convenienti.
6. BRASATURE I procedimenti di brasatura si differenziano da quelli di saldatura propriamente detta, in quanto l'unione si realizza mediante infiltrazione capillare di un metallo d’apporto fuso nel metallo base, senza che quest'ultimo raggiunga la temperatura di fusione. Le brasature richiedono quindi sempre la presenza di un metallo d’apporto (lega brasante) che deve essere di natura diversa da quella del metallo base: si tratta pertanto di saldature eterogenee, in cui il giunto presenta una netta variazione nella composizione chimica. Per la riuscita della saldatura è necessario che la lega brasante abbia allo stato fuso una bassa tensione superficiale, in modo da bagnare le superfici del metallo base e distribuirsi nel giunto per attrazione capillare. Il legame che si ottiene nella brasatura tra il metallo base e quello d'apporto va oltre la semplice adesione, perché si realizza un vero e proprio legame metallico, dovuto alla formazione di soluzioni solide. Infatti il metallo d'apporto allo stato fuso esercita un'azione di solvente sul metallo base che migra nel primo formando uno strato di composto intermetallico. Le brasature si effettuano portando a fusione il metallo d'apporto o direttamente o mediante riscaldamento del pezzi da unire. E' sempre indispensabile un’accurata pulizia dei lembi e l'impiego di sostanze disossidanti. Convenzionalmente si distinguono due tipi di brasatura: quelle dolci eseguite con metalli d'apporto aventi temperature di fusione inferiori a 450 °C e quelle forti che si avvolgono di metalli d'apporto con temperature di fusione superiori a 450 °C, ma comunque inferiori alla temperatura di fusione del metallo base. Esiste poi un procedimento, detto saldo-brasatura, che differisce dal precedente in quanto il metallo d'apporto viene depositato in un cianfrino, simile a quello che si prepara per le saldature per fusione, con formazione di un cordone. Anche in questo caso il metallo d'apporto deve bagnare le superfici del metallo base, ma non si sfruttano le proprietà di diffusione capillare. La saldobrasatura è stata sviluppata inizialmente per la riparazione di pezzi di ghisa, in quanto questo metallo non è facilmente saldabile per fusione a causa del pericolo di cricche e per la formazione di cementite fragile.
6.1 Brasature dolci La resistenza meccanica che si consegue nei giunti ottenuti con brasature dolci è piuttosto limitata e quindi il loro impiego è riservato a unioni che non debbano vincere sollecitazioni meccaniche notevoli. Un particolare e importante uso delle brasature dolci si ha in campo elettrico, per i collegamenti di fili e di componenti. Le più comuni leghe impiegate come metallo d'apporto nelle brasature dolci sono quelle binarie di stagno e piombo, con temperature di fusione variabili a seconda della composizione. L'eutettico (Sn = 63% e Pb = 37%) fonde a 183 °C, mentre le altre composizioni hanno intervalli di fusione che sono compresi tra le linee del solidus e del liquidus del diagramma di stato. Le composizioni di uso più comuni sono quelle con stagno dal 30 al 40%. Mentre si usa la lega eutettica per le applicazioni in cui la temperatura non deve essere troppo alta, come in alcuni componenti elettronici. Oltre alle leghe binarie di stagno-piombo, si usano leghe ternarie Sn-Pb-Sb e Sn-Pb-Ag che presentano migliori caratteristiche meccaniche. Esistono poi altri tipi di leghe che vengono scelte per soddisfare a particolari requisiti. Come disossidanti si impiegano acidi o sali inorganici, acidi organici e resine. Gli acidi di sali inorganici sono fortemente decappanti, ma hanno il difetto di lasciare residui corrosivi sul pezzo. Gli acidi organici sono meno attivi, ma hanno il vantaggio di diventare neutri dopo riscaldamento. Le resine naturali hanno buone proprietà detergenti e contengono acido abietinico che diventa attivo alle temperature di brasatura. Le brasature deboli si effettuano generalmente usando come utensile il saldatore elettrico per portare a fusione il metallo d'apporto. Esistono però anche sistemi automatici, particolarmente utili nella saldatura dei componenti sui circuiti stampati. Tra questi metodi citiamo la saldatura ad onda (fig. 36) e quella a cascata.
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Fig. 36 Schema di saldatura ad onda
6.2 Brasature forti I metalli d'apporto che si impiegano nelle brasature forti conferiscono al giunto resistenza meccanica piuttosto elevata. Richiedono sorgenti termiche più intense ed energiche azioni disossidanti. Quasi tutti i metalli possono essere brasati, purché si adottino gli opportuni accorgimenti (forma del giunto, modalità di riscaldamento, metallo d’apporto, tipo di protezione). I metalli d'apporto oltre alla compatibilità con il metallo base e alle caratteristiche di fluidità e di bagnabilità alla temperatura di brasatura , debbono possedere caratteristiche idonee alle condizioni di funzionamento del pezzo. E' anche importante l'intervallo di fusione della lega brasante, cioè l'intervallo tra la temperatura del solidus e la temperatura del liquidus: quanto più alto è questo intervallo, tanto maggiore è il rischio di segregazione tra i componenti della lega. Per cui se l'intervallo è piccolo, in pratica inferiore ai 30 °C, le modalità di riscaldamento non sono critiche e la lega può anche essere preinserita nel giunto sotto forma di fili, rondelle, pasta o polvere. Se l'intervallo è superiore ai 30 °C, occorre inserire la lega dopo che il metallo base ha raggiunto la temperatura di brasatura. Le leghe brasanti più comuni sono quelle a base di:
alluminio-silicio magnesio rame-zinco e rame-fosforo argento.
In particolare, le leghe Cu-Zn sono usate per brasare acciai e ghise; quelle Cu-P per unire rame e sue leghe, senza bisogno di usare disossidanti, in quanto questa azione è espletata dal fosforo. Le leghe di argento (Ag-Cu-Zn-Cd) sono adatte per tutti i metalli ad esclusione dell'alluminio e del magnesio; presentano resistenza meccanica molto elevata e piccoli intervalli di fusione. la protezione della brasatura forte mediante i disossidanti, deve essere molto efficace. Per ogni tipo di metallo base e lega brasante deve essere usato il disossidante più adatto, che avrà Particolari requisiti di fluidità alle temperature di brasatura. I componenti dei disossidanti sono in generale cloruri, fluoruri, acido borico e agenti tensioattivi, miscelati in dosi appropriate. A volte le brasature vengono effettuate in atmosfere controllate o sottovuoto. Il metodo di riscaldamento tipico delle brasature forti è il cannello ossiacetilenico, in alternativa si usano forni a riscaldamento ad induzione mediante applicazione di correnti ad alta frequenza. Ai fini della resistenza meccanica della brasatura, particolare cura deve essere dedicata alla progettazione del giunti ove il metallo d'apporto deve penetrare per capillarità, occorre prevedere giunti che siano molto piccoli ed uniformi; in molti casi è utile avere accoppiamenti con leggera interferenza. In conclusione, si vuole fare un cenno al problema della terminologia che nella lingua italiana può presentare qualche confusione, per cui, ad esempio, le brasature dolci allo stagno vengono comunemente chiamate saldature e l'utensile relativo, saldatore, mentre le saldature ad arco a volte si chiamano brasature. Non così avviene nella lingua inglese, ove si usano tre termini distinti per indicare rispettivamente la saldatura (welding), la brasatura forte (brazing) e la brasatura dolce (soldering).
Fonte: www.dip.unige.it/Saldatura.doc Autore: P. Lonardo
Generalità sulle saldature
La saldatura è la tecnica di giunzione con la quale si realizza la continuità del materiale metallico tra i due pezzi da unire. Il risultato dell’operazione è il cosiddetto giunto saldato, chiamato, più semplicemente, saldatura. La continuità tra il materiale metallico costituente i due pezzi da unire può essere ottenuta essenzialmente in due modi: portando a fusione i due lembi del giunto (fusion weldings) oppure per mutua diffusione fra i due materiali allo stato solido (solid state weldings). Le modalità di comportamento dei materiali nelle loro operazioni di saldatura vengono definite dalla loro saldabilità, che ne esprime l’attitudine ad essere saldati. Questa caratteristica è molto complessa, in quanto implica diversi aspetti del materiale. Possiamo distinguere la saldabilità operativa, che riguarda la possibilità puramente pratica di realizzare la saldatura tra due pezzi; la saldabilità locale, che si riferisce all’entità delle modificazioni a livello microstrutturale provocate nel materiale dalla saldatura e la saldabilità globale, che valuta se le proprietà meccaniche del giunto sono adeguate o meno al tipo di struttura di cui la saldatura deve entrare a far parte. Le saldature possono avvenire sia utilizzando i soli materiali da unire, sia apportando un terzo materiale che ha la funzione di legante. Quest’ultimo materiale si dice materiale d’apporto; quando parte dei due lembi fonde con esso, la saldatura si dice autogena. L’esecuzione di una saldatura autogena per fusione comporta l’impiego di una sorgente termica potente e concentrata che porta a fusione l’eventuale materiale d’apporto e una parte del materiale dei lembi da unire (materiale base). Il calore che viene fornito dalla sorgente termica si disperde nel materiale base, con una velocità che dipende dalle sue caratteristiche fisiche e dalla caratterizzazione geometrica del giunto da realizzare. In ogni punto della massa metallica adiacente alla saldatura si realizza quindi un ciclo termico di riscaldamento e di successivo raffreddamento, caratterizzato da una temperatura massima decrescente all’aumentare della distanza dall’asse del giunto.
Un parametro di estrema importanza è l’apporto termico specifico Q (kJ/mm)
immagini saldatura atig mig arco filo
Esso determina la quantità di calore che si apporta per unità di lunghezza del giunto, supponendo nulle le perdite nel trasferimento di calore. E’ legata all’intensità della corrente, al voltaggio e alla velocità di avanzamento. Nel processo di automazione è quindi possibile impostare la corrente (viene automaticamente determinato il voltaggio) e la velocità di avanzamento. I valori di Q vanno da un minimo di 0.5 ad un massimo di 6 o 7 kJ/mm. La giunzione comporta una discontinuità del pezzo saldato che è strettamente legata alla quantità di calore apportata. Possiamo allora operare un’ulteriore distinzione nell’ambito delle tecniche di saldatura: i processi ad elevata densità di energia (tipo LBW) e ad elevato apporto energetico (saldature ad arco). Nel primo caso avremo una grande quantità di calore apportata in una zona molto limitata, quindi una zona termicamente deformata piccola; nel secondo invece, si apporta una grande quantità di calore ma più diffusa, che provoca il surriscaldamento di una zona più estesa dei due lembi: di conseguenza la zona termicamente deformata sarà più grande. Altri parametri che influenzano i cicli termici all’interno dei pezzi da saldare sono lo spessore di questi ultimi e l’eventuale preriscaldo dei lembi (effettuato in alcuni casi proprio per prevenire le elevate velocità di raffreddamento). La severità del ciclo termico diminuisce all’aumentare dell’apporto termico specifico e della temperatura di preriscaldo, mentre aumenta con la densità di potenza della sorgente termica e con lo spessore dei pezzi.
Difetti di saldatura
Come si è detto, i giunti saldati hanno la particolare caratteristica di unire permanentemente due parti solide realizzando la continuità del materiale. Qualora detta continuità risulti imperfetta, ci si trova di fronte ad un difetto di saldatura, che andrà esaminato con cura al fine di stabilire la compatibilità con le condizioni di servizio della struttura. I difetti di saldatura sono quindi delle discontinuità; queste possono essere in linea di principio di due tipi:
Disomogeneità metallurgiche tra la zona fusa e/o la zona termicamente alterata ed il materiale base inalterato, nocive alle caratteristiche meccaniche e ad altre caratteristiche del giunto; Disomogeneità metalliche, nocive essenzialmente alle caratteristiche meccaniche, ma in certi casi possono menomare anche altre caratteristiche del giunto.
I difetti del primo tipo possono essere individuati e valutati con prove meccaniche, di resistenza alla corrosione, esami al microscopio metallografico, ecc.; i difetti del secondo tipo vengono normalmente individuati e valutati con controlli non distruttivi (come l’esame radiografico o quello ultrasonoro).
immagini saldatura atig mig arco filo Formazione di cricca in zona termicamente alterata
immagini saldatura atig mig arco filoLe cricche sono i difetti più gravi e temibili di un giunto saldato. Possiamo definire una cricca come una discontinuità che si crea per strappo in un materiale metallico originariamente continuo. Viene indicato come un difetto bidimensionale poiché si sviluppa in profondità e larghezza. Se le cricche hanno dimensioni molto ridotte vengono spesso definite microcricche, sebbene tale termine a rigore sia più appropriato per cricche rilevabili esclusivamente attraverso esami effettuati al microscopio metallografico. La pericolosità della cricca sta ovviamente nel fatto che essa è una rottura in atto che può portare al cedimento del giunto. Esse possono essere situate nella zona fusa o in quella termicamente alterata. Le cricche in zona fusa possono essere distinte in cricche a caldo e cricche a freddo (o da idrogeno). Le cricche a caldo sono così denominate poiché si manifestano nel corso della solidificazione del giunto e possono manifestarsi nella saldatura di quasi tutti i materiali metallici, ferrosi e non ferrosi. Le più diffuse sono le cricche di cratere: esse sono situate nel cratere terminale di una passata di saldatura e sono dovute alla concentrazione progressiva delle impurezze nella parte del bagno che solidifica per ultima. Le cricche a freddo, invece, si formano durante il raffreddamento del cordone, quando la temperatura si avvicina o raggiunge quella ambiente. Le cause principali sono: un elevato tenore di idrogeno in zona fusa, un’elevata velocità di raffreddamento o l’elevata entità delle tensioni di ritiro. Le cricche nella zona termicamente alterata (HAZ: heat affected zone) possono essere interne (sotto il cordone) o affioranti a lato del cordone. In base alla loro origine si possono suddividere a loro volta in: cricche a freddo, strappi lamellari e cricche a caldo. Per quanto riguarda la cricche a caldo e a freddo valgono le considerazioni fatte per le cricche nella zona fusa.
Gli strappi lamellari invece sono cricche che si possono verificare nel materiale base quando quest’ultimo è sollecitato perpendicolarmente al piano di laminazione. Esse sono sostanzialmente dovute a tensioni di ritiro più o meno intense, a geometrie sfavorevoli del giunto o allo spessore di laminazione medio-alto del materiale. Un altro difetto importante è la mancanza di penetrazione e di fusione.
Mancanza di penetrazione a ridosso immagini saldatura atig mig arco filo Inclusioni nel cordone di saldatura dei lembi
Questa discontinuità è provocata dalla mancata fusione di entrambi o di uno dei lembi. Possono trovarsi nella zona della prima passata (al vertice o al cuore della saldatura), oppure in corrispondenza di passate successive. Sono gravi difetti, generalmente inaccettabili. La loro causa principale è da ricercarsi nella cattiva preparazione dei lembi o, nel caso di saldatura non automatizzata, nella scarsa abilità del saldatore. Quando tra lembo e zona fusa è interposto uno strato di ossido, invece, si parla di incollature. Un giunto che presenta questo difetto ha povere caratteristiche meccaniche. Si parla invece di inclusioni se nel cordone di saldatura sono inglobate sostanze diverse dal materiale base. Esse possono essere solide o gassose. Le inclusioni gassose sono cavità provocate da gas che sono rimasti intrappolati nel bagno; esse possono essere create da sporcizia, grasso, ruggine, vernici presenti sui lembi, umidità presenti nel processo, impiego di procedimenti con elevata velocità di saldatura, scorretto maneggio della torcia o della pinza, ecc. Se le inclusioni gassose sono tondeggianti vengono dette porosità o soffiature, a seconda che il loro diametro sia inferiore o superiore ad 1 mm; se invece presentano forma allungata vengono dette tarli (più pericolosi). Se sporadiche e di piccole dimensioni, le inclusioni gassose non sono molto dannose; lo possono però diventare se le dimensioni sono grandi o se si raggruppano in strutture nidificate. Sono inoltre un facile innesco per attacchi di tipo corrosivo.
immagini saldatura atig mig arco filoimmagini saldatura atig mig arco filo
Formazione di porosità in superficiePorosità uniformemente distribuite
Generalmente, per valutare la pericolosità di un difetto, non basta considerarne la natura: bisogna valutare anche le condizioni in cui il giunto opera (il tipo di sollecitazione a cui è sottoposto, il tipo, l’importanza e le condizioni di servizio della struttura di cui fa parte, le caratteristiche del materiale base, ecc.). In genere i difetti, siano essi superficiali o interni, riducono la sezione resistente del giunto, con conseguente aumento del livello di tensione medio. Ciò comporta, nel caso di sollecitazioni statiche, una certa diminuzione della capacità di carico del giunto stesso. Un secondo aspetto dannoso appare se i giunti sono sollecitati a fatica: in questo caso l’effetto di intaglio (aumento di tensione locale) cui dà luogo il difetto limita notevolmente la resistenza del giunto. Considerando infine il caso di costruzioni saldate che lavorano a bassa temperatura, si denota un aumento del grado di pluriassialità delle tensioni, con conseguente limitazione dell’entità delle tensioni di taglio e possibilità di innesco e propagazione di rotture fragili. Questo fenomeno avviene soprattutto in strutture che lavorano a basse temperature e nelle quali sono presenti intagli. Abbiamo visto come alcuni gravi difetti di saldatura, come cricche, mancanza di penetrazione, grosse scorie, costituiscono temibili intagli. I codici e le norme correntemente utilizzate stabiliscono i criteri di accettabilità dei difetti in base all’esperienza e alla non pericolosità dei difetti stessi ed hanno pertanto carattere arbitrario e convenzionale. Proprio per ottenere una maggiore scientificità nella valutazione della vita a fatica delle strutture da un certo numero di anni si è sviluppata la scienza della meccanica della frattura. Normalmente le rotture per fatica hanno origine dalla superficie dei pezzi (quando questi sono sufficientemente omogenei) in corrispondenza di punti singolari, come brusche variazioni di sezione, intagli o difetti superficiali, talvolta a causa di tensioni massime di solo qualche decina di MPa. Nel caso di giunti saldati risulta critica la zona di passaggio del cordone (per i giunti di testa) o dal cordone d’angolo al materiale base (per i giunti a croce e simili). Hanno effetto particolarmente negativo anche le incisioni marginali accentuate ed eventuali corrugamenti superficiali dei cordoni, porosità affioranti, riprese, ecc. Estremamente pericolose sono le mancanze di penetrazione in giunti di testa non ripresi. Sono note anche le rotture di fatica originatesi all’interno dei pezzi: particolare attenzione deve essere posta, durante la lavorazione, per evitare l’insorgere di difetti come cricche, mancanza di penetrazione (nel caso di giunti saldati dai entrambi i lati), scorie, tarli. Un certo pericolo può derivare, come già detto, anche dall’insorgere di porosità o soffiature, specialmente se si presentano addensate in nidi. Un’importante conseguenza di quanto appena detto è che si può migliorare la resistenza a fatica di un pezzo (se è omogeneo) curandone l’aspetto superficiale. Nel caso delle saldature si possono ottenere notevoli vantaggi dalla molatura per regolarizzare il cordone o addirittura spianarlo a raso con i lembi. Non bisogna tuttavia dimenticare che il vantaggio ottenuto è illusorio se non si ha la certezza che siano assenti gravi difetti interni. Ciò deve essere accertato mediante opportuni esami, come quello radiografico o quello ultrasonoro. Un ultimo accenno per illustrare le tipologie di controlli che possono essere effettuati sui giunti saldati si mostra quindi necessario. Distinguiamo:
Controlli indiretti o preventivi: controlli effettuati prima della costruzione, in cui si possono individuare, tra l’altro, eventuali difetti del tipo discontinuità metallurgiche (esami sulla documentazione tecnica, prove di qualificazione dei saldatori, di saldabilità del materiale base, di omologazione del materiale d’apporto, di qualificazione dei procedimenti di saldatura); Ispezione in corso d’opera: sorveglianza diretta del procedere della saldatura (controlli distruttivi e semi-distruttivi); Controlli diretti: controlli effettuati dopo l’esecuzione delle saldature, che consentono di rilevare eventuali difetti del tipo discontinuità metalliche (NDT - esame visivo, con liquidi penetranti, magnetoscopico, radiografico, ultrasonoro, per correnti indotte, per rivelazione di fughe, per emissione acustica).
Capitolo 2
Le tecnologie tradizionali
2a. La saldatura ossiacetilenica
La saldatura ossiacetilenica, comunemente detta saldatura a gas, è un processo fondato sulla combustione di ossigeno e acetilene. Se questi gas vengono mescolati nelle giuste proporzioni, si produce una fiamma alla temperatura di circa 3.200 °C. Variando la composizione della miscela si può cambiare l’azione chimica della fiamma ossiacetilenica. La fiamma viene comunemente distinta in tre categorie: neutral, oxidising e carburising.
immagini saldatura immagini saldatura immagini saldatura Fiamma neutral Fiamma oxidising Fiamma carburising
Il processo di saldatura viene portato a compimento con l’uso della fiamma neutral, che è composta da ossigeno e acetilene in uguali percentuali. Aumentando invece la quantità di ossigeno o acetilene si ottengono rispettivamente la fiamma oxidising o carburising. Poiché l’acciaio fonde a 1500°C, l’unica miscela capace di scaldare a sufficienza questo metallo è quella di ossigeno e acetilene. Altri gas, come il propano o l’idrogeno, possono invece essere usati per saldare altri metalli non ferrosi con una temperatura di fusione più bassa o per le brasature.
L’attrezzatura necessaria per la saldatura ossiacetilenica è facilmente trasportabile e facile da usare. Essa comprende i serbatoi in cui sono immagazzinati l’ossigeno e l’acetilene, muniti di un regolatore, e i tubi flessibili al cui termine troviamo il cannello. Lungo questi tubi sono poste delle flame traps, dispositivi atti ad evitare che un eventuale ritorno di fiamma raggiunga il serbatoio.
Variando la composizione della miscela possiamo regolare l’intensità della fiamma secondo gli utilizzi richiesti. Una fiamma troppo violenta potrebbe infatti causare una vaporizzazione del materiale base, mentre una troppo dolce potrebbe rivelarsi instabile sulla superficie del metallo. La fiamma può essere controllata anche mediante un dispositivo situato sul cannello. Nel processo di fusione può essere impiegato anche un materiale d’apporto.
Le tecniche principali sono tre: leftward, rightward e all-positional rightward. Il primo tipo è usato per spessori molto sottili (fino a 5 mm) e viene preferito per le giunzioni circolari. Il secondo tipo invece è usato per piastre con spessori di circa 5 mm e per saldature orizzontali o verticali. La tecnica all-positional rightward è stata messa a punto per la saldatura di piastre in acciaio e per le tubazioni, dove è necessaria una saldatura di posizione. Queste ultime due tecniche permettono di ottenere un livello di penetrazione uniforme, con un migliore controllo della zona fusa e del metallo da saldare, poiché il saldatore ha una maggiore libertà di movimento e quindi una migliore visione del processo. Esse però richiedono una notevole abilità del saldatore, per cui sono meno usate della più tipica saldatura leftward.
2b. La saldatura MIG/MAG
immagini saldaturaLa Metal Inert Gas Welding (saldatura MIG) è stata per la prima volta brevettata negli Stati Uniti nel 1949 per la saldatura dell’alluminio. L’arco e la zona fusa vennero create utilizzando un filo scoperto come elettrodo protetto da elio, già disponibile all’epoca. Dal 1952 circa il processo divenne molto popolare in Gran Bretagna per saldare l’alluminio con l’uso di argo come gas di protezione e per saldare gli acciai al carbonio usando come gas l’anidride carbonica. Le tecniche in cui si usano l’anidride Processo MIG
carbonica o le sue miscele con l’argo come gas di protezione sono note invece col nome di Metal Active Gas Weldings (saldature MAG). Nella saldatura MIG il calore necessario per la fusione è generato dalla formazione di un arco elettrico tra un elettrodo metallico e il pezzo. L’elettrodo fonde e forma il cordone di saldatura. La caratteristica principale di questa tipologia di saldatura è che l’elettrodo è costituito da un filo continuo (alimentato da una bobina), cioè è consumabile. Data la continua alimentazione dell’elettrodo, il processo viene spesso definito saldatura semi-automatica. E’ inoltre necessario fornire un gas di protezione. Il modo con cui il metallo si trasferisce dall’elettrodo alla zona fusa determina in gran parte le caratteristiche finali della saldatura. Fondamentalmente esistono tre metodi: lo short-circuiting, il droplet (o spray) e il pulsed metal transfer. Lo short-circuiting e il pulsed metal transfer sono usati per operazioni che si svolgono con basse correnti, mentre lo spray metal transfer è usato unicamente con elevate correnti di saldatura. Nello short-circuiting (o dip transfer) il metallo fuso che si deposita sulla punta del filo viene trasferito immergendo direttamente il filo stesso nella zona fusa. Ciò è possibile se le correnti hanno un basso voltaggio: per un filo di 1.2 mm di diametro, ad esempio, il voltaggio dell’arco può variare da circa 17 V (100 A) fino a 22 V (200 A). Per minimizzare gli schizzi è molto importante impostare correttamente il voltaggio e l’induttanza in base alla velocità di alimentazione del filo. L’induttanza serve ad evitare i picchi di corrente che si hanno quando il filo viene immerso nella zona fusa. Per quanto riguarda il droplet (o spray) transfer, è necessario un voltaggio più elevato per assicurarsi che il filo non faccia corto-circuito con la zona fusa. Valori tipici per questa modalità sono per il voltaggio dell’arco approssimativamente da 27 V (250 A) a 35 V (400 A) utilizzando un filo di 1.2 mm di diametro. Il metallo fuso sulla punta del filo si trasferisce alla zona fusa: tuttavia c’è un valore minimo di soglia al di sotto del quale le goccioline non riescono ad attraversare l’arco. Se infatti si applicano correnti troppo basse, le forze dell’arco saranno troppo deboli per prevenire la formazione di un gran numero di goccioline sulla punta del filo, le quali si distribuiranno all’interno dell’arco in maniera errata seguendo la forza di gravità. La pulsed mode infine è stata sviluppata al fine di stabilizzare l’arco quando esso si forma con bassi livelli di corrente (al di sotto della soglia, cioè), per evitare il corto circuito e gli schizzi. Il trasferimento è ottenuto applicando degli impulsi di corrente, ognuno dei quali ha una forza sufficiente per far staccare una gocciolina di metallo fuso. La cosiddetta synergic pulsed MIG può essere controllata da un tipo speciale di regolatore, che permette di impostare sia il funzionamento del generatore (pulse parameters) in base al diametro del filo e alla sua composizione, che la frequenza di pulsazione in base alla velocità di alimentazione dell’elettrodo.
Per quanto riguarda il gas di protezione, esso non solo ha la funzione di proteggere l’arco e la zona fusa dall’ambiente esterno, ma ha anche una serie di funzioni molto importanti: partecipa alla formazione del plasma, stabilizza l’arco sulla superficie del materiale e assicura un perfetto trasferimento delle goccioline fuse dal filo alla zona fusa. Di conseguenza, la scelta del gas di protezione influenza, seppur indirettamente, il livello di penetrazione della saldatura nel materiale. Come è stato già detto, generalmente i gas che si usano a questo scopo per le saldature MIG sono miscele di argo, ossigeno e anidride carbonica. Alcune miscele speciali possono anche contenere elio. Per gli acciai si usano soprattutto CO2 puro, argon + 2 ¸ 5% di ossigeno e argo + 5 ¸ 25% CO2, mentre per i metalli non ferrosi si usano argo o miscele di argo ed elio. I gas a base di argo, paragonati all’anidride carbonica, rispondono meglio ai parametri impostati e danno luogo ad un minor numero di schizzi nella dip transfer mode. Tuttavia, date le temperature più basse a cui si trovano codesti gas, si genera anche un maggiore rischio di mancanze di fusione. Attualmente, la saldatura MIG è largamente impiegata ed è il metodo con cui sono effettuate più del 50% delle saldature industriali. I principali vantaggi consistono nella flessibilità e nella facilità di meccanizzazione del processo; è adatta per i materiali che producono schizzi, ma è necessaria un notevole grado di abilità del saldatore.
2c. La saldatura TIG
La Tungsten Inert Gas Welding (saldatura TIG) divenne un successo immediato negli anni ’40 per la giunzione di magnesio e alluminio. Essa ha avuto un ruolo molto importante nell’impiego dell’alluminio per le saldature di alta qualità e per le sue applicazioni strutturali. immagini saldaturaNella saldatura TIG l’arco si forma tra un elettrodo di tungsteno e i componenti in un’atmosfera inerte (argo
Processo TIG
o elio). L’arco, piccolo ma intenso, creato dall’elettrodo, è ideale per saldature di precisione. Poiché l’elettrodo non è consumabile, il saldatore non deve bilanciare l’apporto di calore dell’arco poiché il metallo è depositato dall’elettrodo. Se è richiesto un materiale d’apporto, deve essere aggiunto separatamente alla zona fusa. Il generatore deve fornire corrente costante, sia alternata che continua. Un generatore di corrente costante è essenziale per evitare che si raggiungano correnti troppo elevate quando l’elettrodo è cortocircuitato sulla superficie del pezzo. Ciò può accadere durante l’avviamento dell’arco o inavvertitamente durante la saldatura. Come per la saldatura MIG, se si usa un generatore flat (a basso voltaggio), il contatto tra l’elettrodo e la superficie del pezzo va assolutamente evitato, per non incorrere nella fusione dell’elettrodo stesso o il danneggiamento della sua punta. In corrente continua, poiché il calore dell’arco è distribuito approssimativamente 1/3 al catodo e 2/3 all’anodo, l’elettrodo ha sempre polarità negativa per prevenire il surriscaldamento e la fusione. Tuttavia un elettrodo con polarità positiva, quando il catodo è sul pezzo, ha il vantaggio di ripulire la superficie da eventuali contaminazioni di ossido. Per questa ragione la corrente alternata si usa quando i materiali da saldare hanno uno strato superficiale tenace di ossido, come per l’alluminio.
L’arco può essere avviato graffiando la superficie, formando un cortocircuito. Solamente quando il cortocircuito viene interrotto, la corrente principale di saldatura inizia a scorrere. Tuttavia c’è il rischio che l’elettrodo possa conficcarsi nella superficie, causando delle inclusioni di tungsteno nella saldatura. Il modo più comune di avviare l’arco per la saldatura TIG è l’uso dell’alta frequenza (HF): questa tecnica consiste nella creazione di scintille ad alto voltaggio (diverse migliaia di Volts), la cui durata è di pochi microsecondi. Queste scintille ionizzano il gap tra l’elettrodo e il pezzo. Una volta che la nube di elettroni/ioni si è formata, la corrente può fluire liberamente dal generatore. Questo tipo di avviamento comporta tuttavia delle elevate emissioni elettromagnetiche dovute all’alta frequenza; bisogna quindi equipaggiare in maniera appropriata il saldatore e fare attenzione alle interferenze che si possono generare con gli altri sistemi di controllo e strumentazioni.
Gli elettrodi per le saldature in corrente continua sono normalmente in tungsteno puro con una componente di torio (dall’1 al 4%), per facilitare l’avviamento dell’arco o di zirconio, per rallentare l’erosione dell’elettrodo. E’ importante scegliere il diametro e l’angolo di punta corretti per il livello di corrente richiesto. La regola generale ci suggerisce di usare diametri e angoli di punta tanto più piccoli quanto più è bassa la corrente. La punta dell’elettrodo, infatti, durante l’esercizio, subisce delle deformazioni, tendendo a diventare sferica (balling). Il gas di protezione deve essere selezionato in base al materiale da saldare. Possiamo tuttavia individuare alcune linee guida per la scelta.
L’argo è il gas di protezione usato più comunemente poiché è adatto alla saldatura di una vasta gamma di materiali, tra i quali gli acciai, gli acciai inossidabili, l’alluminio ed il titanio; l’aggiunta dell’idrogeno all’argo (miscela Argo + 2 ¸ 5% H2) consente invece di ottenere saldature più pulite, senza ossidazioni superficiali. Infine l’elio o le miscele argo/elio aumentano la temperatura dell’arco, in modo da raggiungere velocità di saldatura più elevate ed un livello di penetrazione più profondo, ma trovano un grande svantaggio nell’elevato costo del gas e nell’aumento della difficoltà di avviamento dell’arco. La saldatura TIG è utilizzata in tutti i settori dell’industria, ma è adatta in modo speciale alle saldature di alta precisione. Poiché la quantità di depositi può essere abbastanza bassa (qualora si utilizzi separatamente una barra di materiale d’apporto), per la saldatura di componenti più spesse risulta maggiormente indicata la saldatura MIG. La saldatura TIG è anche ampiamente applicata in sistemi automatizzati. Poiché il saldatore non ha molto controllo sull’arco e sul comportamento della zona fusa, bisogna però prestare molta attenzione alla preparazione delle superfici da saldare, al posizionamento dei lembi e all’impostazione dei parametri di saldatura. La saldatura TIG è stata usata in diverse applicazioni in ambito aerospaziale: si ricordano soprattutto gli ugelli dei lanciatori dell’Ariane e diverse componenti di motori per aerei commerciali e militari.
2d. La saldatura ad arco sommerso
Il primo brevetto per la saldatura ad arco sommerso è stato preso in Russia nel 1935, ed uno dei suoi primi utilizzi fu sui carri armati T34 durante la Seconda Guerra Mondiale. immagini saldaturaCome nella saldatura MIG, anche in questo caso il processo avviene con la creazione di un arco attraverso un elettrodo continuo e il pezzo. Durante la saldatura si usa
Saldatura ad arco sommerso
un flux per generare gas protettivi e scorie e per aggiungere elementi leganti nella saldatura. Non è perciò richiesto l’impiego di un gas di protezione. Prima del passaggio dell’arco, la superficie di saldatura viene completamente ricoperta dal flux; il flux in eccesso viene poi riciclato attraverso una tramoggia (hopper). Le scorie rimaste vengono invece rimosse facilmente alla fine del processo. Poiché l’arco viene completamente sommerso dal flux, la quantità di calore dispersa è pressoché nulla. Questo produce un’efficienza termica del 60% (mentre per la saldatura ad arco manuale è di circa il 25%). Non si generano schizzi né vapori. Il processo può essere completamente automatizzato o anche semi-automatizzato. I parametri di saldatura sono: corrente, voltaggio dell’arco e velocità di avanzamento. Tutti influiscono sulla forma del cordone, sul livello di penetrazione della saldatura e sulla composizione chimica del metallo saldato. Bisogna porre particolare attenzione all’impostazione dei parametri di saldatura, perché il saldatore non ha modo di vedere la zona fusa. Sono state inoltre sviluppate diverse varianti in base alla forma e al materiale dei componenti da unire. La saldatura ad arco sommerso può utilizzare un filo solo sia in corrente continua che in corrente alternata, ma ci sono delle varianti (impiego di 2 o 3 fili, aggiunta di polvere metallica, ad esempio), create per aumentare la velocità di avanzamento o la quantità di metallo depositata. I flux usati sono in genere composti da minerali allo stato granulare che possono essere fusi, che contengono ossido di manganese, silicio, titanio, alluminio, calcio, zirconio, magnesio e altri componenti secondari (come il fluoruro di calcio). Generalmente, la loro composizione viene scelta in base all’elettrodo utilizzato, per massimizzare le caratteristiche meccaniche finali (il flux infatti reagisce chimicamente con la zona fusa aumentandone le suddette caratteristiche). Si definiscono attivi i flux che apportano manganese e silicio alla saldatura; la quantità che se ne riesce a depositare è legata al voltaggio dell’arco e al livello della corrente di saldatura. I principali tipi di flux sono: i bonded fluxes (le cui componenti sono essiccate e mescolate ad una bassa temperatura - un tipico esempio sono i silicati di sodio) e i fused fluxes (i componenti sono fusi insieme in una fornace, per ottenere un materiale omogeneo, e successivamente polverizzati in grani della dimensione voluta – permettono di ottenere un arco più stabile).
Edited by mara2054 - 13/12/2012, 00:39 |
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